
Lo scorso anno il PIL dell’Italia è cresciuto dello 0,9 per cento a prezzi costanti. L’espansione ha interessato tutte le aree del Paese. Sulla netta decelerazione rispetto al 2022, quando il prodotto era aumentato del 4,0 per cento, hanno inciso l’esaurirsi del recupero delle attività più colpite dalla pandemia, la debolezza della domanda mondiale e le condizioni monetarie più restrittive.
Il rallentamento del commercio internazionale ha particolarmente influenzato la dinamica dell’industria in senso stretto; il calo è stato maggiore nelle produzioni a più alta intensità energetica. Si è attenuata la ripresa nei servizi, per la minore spinta proveniente dal comparto turistico-ricreativo e per la riduzione della domanda legata alla flessione dell’attività industriale. Il valore aggiunto ha continuato invece a espandersi nei servizi immobiliari e di consulenza tecnico-professionale, oltre che nel comparto delle costruzioni: questi settori hanno maggiormente beneficiato delle misure di spesa del Piano nazionale di ripresa e resilienza (PNRR) e degli incentivi per la riqualificazione e il miglioramento dell’efficienza energetica degli edifici.
Il deciso rallentamento dei prezzi energetici ha guidato il processo di disinflazione, in corso sin dall’inizio dell’anno e intensificatosi in autunno, quando l’inflazione è tornata al di sotto del 2,0 per cento.
Nel primo trimestre di quest’anno il PIL ha continuato a crescere su base congiunturale (0,3 per cento, secondo la stima preliminare), sospinto dalla domanda estera netta e dall’espansione dell’attività in tutti i principali settori. L’inflazione si è mantenuta su valori bassi, scendendo allo 0,9 per cento in aprile; la componente di fondo si è stabilizzata al 2,2. Secondo nostre valutazioni, nel complesso dell’anno l’inflazione risulterebbe poco superiore all’1,0 per cento.
Gli intermediari creditizi e gli investitori istituzionali
L’attività di credito ha continuato a risentire della prolungata fase di politica monetaria restrittiva. Nonostante il rallentamento dell’economia, la redditività delle banche è ulteriormente migliorata, soprattutto per la forte espansione del margine di interesse.
Nel 2023 i prestiti alla clientela si sono significativamente ridotti, soprattutto quelli alle imprese. Le condizioni di offerta praticate dalle banche sono divenute più restrittive per effetto di un aumento del rischio percepito e di una sua minore tolleranza. La domanda di mutui residenziali è scesa per l’elevato livello dei tassi. L’ammontare di titoli pubblici detenuti dagli intermediari creditizi si è ampliato, in seguito all’incremento di quelli emessi da paesi esteri.
Il flusso di nuovi crediti deteriorati in rapporto a quelli in bonis è lievemente aumentato, ma nel complesso la qualità degli attivi detenuti dalle banche è rimasta pressoché invariata, anche grazie alle cessioni di quei crediti. L’incidenza di questi prestiti sul totale dei finanziamenti al netto delle rettifiche resta in linea con i valori medi dell’area dell’euro. La presenza di polizze assicurative stipulate dalle aziende contro i rischi operativi può contribuire a ridurre la rischiosità dei prestiti.
La raccolta complessiva è notevolmente diminuita per via del calo delle passività verso l’Eurosistema, solo in parte compensato da un accresciuto ricorso al mercato interbancario estero e alle emissioni di obbligazioni. I depositi di residenti sono scesi e si è registrata una ricomposizione dalle forme a vista a quelle a scadenza, che hanno rendimenti più alti. Ciò nonostante, il costo della raccolta è salito meno di un punto percentuale.
La crescita del margine di interesse è stata solo in minima parte contrastata dal leggero rialzo dei costi operativi, che hanno risentito soprattutto dell’incremento delle spese per il personale. La redditività dovrebbe mantenersi ampiamente positiva anche nell’anno in corso.
La patrimonializzazione è migliorata principalmente grazie agli utili non distribuiti, che hanno più che compensato l’impatto negativo di operazioni di riacquisto di azioni proprie (buy back) e gli effetti regolamentari del regime transitorio del principio contabile IFRS 9. La Banca d’Italia ha adottato misure macroprudenziali volte a rafforzare la solidità del sistema bancario, favorendone la capacità di finanziare l’economia anche in caso di eventi avversi.
Prosegue il processo di trasformazione digitale del settore finanziario italiano attraverso maggiori investimenti in tecnologie innovative. La diffusione dei canali digitali favorisce l’accesso ai servizi finanziari da parte delle famiglie, anche a fronte del calo del numero degli sportelli bancari.
L’accresciuta consapevolezza dei rischi climatici da parte degli intermediari si è riflessa nella definizione di obiettivi di decarbonizzazione che per la maggior parte delle banche riguardano le attività operative e il portafoglio prestiti.
Dopo la contrazione nel 2022 associata all’avvio del rialzo dei tassi di interesse, nel 2023 il patrimonio è tornato a salire per tutte le classi di investitori istituzionali italiani. La raccolta netta è stata positiva e in crescita per i fondi comuni e i fondi pensione, mentre ha continuato a diminuire per le assicurazioni, penalizzate dalla scarsa appetibilità dei prodotti di risparmio assicurativi nell’attuale fase di tassi elevati.
I mercati monetari e finanziari
Nel 2023 le condizioni dei mercati finanziari italiani sono state influenzate principalmente dall’orientamento della politica monetaria e dalle attese sull’andamento dei tassi ufficiali, in un contesto contraddistinto da incertezza sul quadro macroeconomico e da tensioni geopolitiche. Dall’autunno tali condizioni hanno risentito positivamente delle aspettative di un allentamento monetario determinato dalle minori pressioni inflazionistiche nell’area dell’euro e nelle altre principali economie avanzate, malgrado l’intensificarsi dei rischi connessi con i conflitti in Ucraina e in Medio Oriente.
Nel complesso dell’anno il rendimento dei titoli di Stato decennali italiani e il loro differenziale con quelli tedeschi sono diminuiti. Le condizioni di liquidità del mercato italiano sono migliorate. Le ingenti emissioni nette sono state assorbite in maniera ordinata, soprattutto grazie alla forte domanda da parte delle famiglie residenti, a sua volta sostenuta da emissioni rivolte alla clientela al dettaglio. È inoltre proseguito il collocamento di titoli destinati a finanziare progetti che mirano a sostenere la transizione ecologica.
Gli spread delle obbligazioni private si sono ridotti, favorendo il ricorso al mercato da parte delle società non finanziarie e delle banche. Le quotazioni azionarie sono cresciute in modo marcato, sebbene in misura diversa tra comparti; hanno beneficiato del miglioramento della fiducia degli investitori nell’ultima parte dell’anno, legato principalmente alla realizzazione di utili societari superiori alle attese.
Nei primi mesi del 2024 la domanda di titoli di Stato italiani si è mantenuta elevata e il differenziale di rendimento con i corrispondenti titoli tedeschi è ulteriormente sceso, nonostante il ridimensionamento delle aspettative di riduzione dei tassi di interesse ufficiali rispetto alla fine del 2023 e l’acuirsi delle tensioni geopolitiche. Il rialzo dell’indice azionario italiano è proseguito, sostenuto dal settore finanziario, ed è stato maggiore di quello dell’area dell’euro.
Il Mercato del Lavoro
Nel 2023 l’occupazione ha continuato a espandersi in modo sostenuto. La domanda è stata favorita dalla moderata dinamica salariale, che ha reso il lavoro relativamente più conveniente rispetto ad altri fattori di produzione, interessati da forti rincari nel biennio 2021-22.
L’aumento del numero di occupati, più intenso nelle regioni meridionali, ha coinvolto la maggioranza dei comparti. I contributi principali alla crescita sono venuti dall’industria in senso stretto e dal terziario; l’occupazione nelle costruzioni ha rallentato, dopo la forte espansione degli scorsi anni.
Tra i lavoratori dipendenti, l’aumento ha riguardato le sole posizioni a tempo indeterminato; è inoltre diminuita la quota di addetti impiegati a tempo parziale che preferirebbero lavorare a tempo pieno. Rispetto al periodo precedente la pandemia, la crescita dell’occupazione non si è tradotta in un miglioramento della sua composizione, che resta sbilanciata verso le professioni meno qualificate; nei prossimi anni l’adozione di tecnologie basate su sistemi di intelligenza artificiale potrebbe influenzare la domanda di lavoro, soprattutto per le posizioni che richiedono maggiori competenze cognitive. Il numero di posti vacanti nelle imprese rispetto al totale delle persone in cerca di un impiego – un indicatore del livello di competizione per il reclutamento dei lavoratori – è rimasto elevato.
Grazie alla marcata crescita dei tassi di partecipazione, alla fine del 2023 le forze di lavoro hanno raggiunto livelli di poco superiori a quelli del 2019, benché nello stesso periodo la popolazione tra 15 e 64 anni sia calata di circa 600.000 unità. All’aumento dell’offerta di lavoro hanno contribuito sia il proseguimento della dinamica positiva dei tassi di attività nella fascia di età oltre i 50 anni, sia la recente ripresa fra i più giovani. Il tasso di disoccupazione si è nuovamente ridotto, portandosi su valori tra i più bassi degli ultimi vent’anni. Secondo le stime preliminari, nei primi mesi del 2024 l’occupazione ha rallentato, espandendosi in linea con il prodotto.